COME PROTEGGERSI DAL SOLE SUL LAVORO

5 Luglio 2019

Gli esperti li chiamano “lavoratori outdoor” perché svolgono una frazione significativa del proprio orario lavorativo all’aperto e sono interessati dalle patologie correlate con l’esposizione a luce solare.

Sono gli agricoltori, i giardinieri, i portuali, gli operai, ma anche gli istruttori di sport all’aperto, i benzinai, i portalettere, i bagnini, i vigili urbani e l’elenco non finisce qui. Sono tutte persone che per lavoro devono stare sotto il sole, spesso troppe ore e senza protezione. A loro e ai datori di lavoro è stato dedicato in passato un opuscolo, curato da Adriano Papale, medico ricercatore dell’Inail (ex Ispesl), “La radiazione solare ultravioletta: un rischio per i lavoratori all’aperto”, una guida sempre utile con consigli e le valutazioni sul rischio da esposizione solare…

Le strategie di protezione: i consigli degli esperti. La fotoprotezione ambientale, come sottolinea Papale, consiste nell’attuare una sorta di schermatura con teli e con coperture, ove possibile, e fornire cabine schermate per i lavoratori che devono sostare a lungo all’aperto. Per creare zone d’ombra esistono anche strutture portatili (simili a ombrelloni) che il lavoratore sposta secondo le proprie esigenze. Bisognerebbe poi sfruttare le ombre degli alberi o di costruzioni vicine e fornire al lavoratore un luogo ombreggiato per le pause.  Un altro consiglio è l’organizzazione dell’orario di lavoro: durante le ore della giornata in cui gli Uv sono più intensi (ore 10/14 oppure 11/15 con l’ora legale) dedicarsi ai compiti svolti all’interno, riservando quelli all’esterno per gli orari mattutini e serali.

L’importanza di creme solari, abiti adeguati e occhiali. Anche i prodotti antisolari (creme con filtri solari) hanno dimostrato la loro validità nel ridurre l’incidenza sia di alterazioni neoplastiche epiteliali della cute sia il fotoinvecchiamento. E ancora indossare un cappello in tessuto anti Uv, a tesa larga e circolare (di almeno 8 cm.) per proteggere capo e viso. Quando si lavora al sole, anche se fa caldo non bisogna scoprirsi, vanno usati invece abiti leggeri e larghi, maniche e pantaloni lunghi e tessuti che proteggano dai raggi Uv. Non dimentichiamo infine di proteggere gli occhi. Infatti l’esposizione per una o due ore senza protezione, può determinare arrossamento e bruciore (cheratite) dovuta alla radiazione Uva che può favorire, soprattutto nei più giovani, la formazione precoce di cataratta. Gli occhiali da sole proteggono anche da quella parte dello spettro visibile ancora molto energetica (luce blu) che, raggiungendo la retina e contrariamente agli Uva assorbiti tra la cornea e il cristallino, può provocare, reazioni fototossiche alla base di potenziali effetti di degenerazione maculare senile.

La prevenzione più efficace? Un po’ di “buon senso”. Insomma, come rileva Massimo Borra, l’esposizione alla radiazione solare deve essere “pensata” per poterne godere degli aspetti benefici e salutari senza incorrere, o perlomeno rendendo minimi, gli immancabili ma “naturali” effetti dannosi.

“Per lavorare correttamente all’aperto limitando i rischi di esposizione alla radiazione solare dobbiamo solo ritrovare il “buon senso al sole” dei nostri nonni e bisnonni contadini, che si alzavano all’alba per mietere il grano, riposavano all’ombra durante le ore di canicola e vestivano camicie e cappelloni di paglia”, conclude Borra. “Se poi consideriamo che forse non sapevano neppure leggere e che “sicurezza del lavoro” forse significava solamente “certezza di un salario” alla fine della giornata, allora possiamo essere sicuri che, se ci sono riusciti loro, con un po’ di “buon senso” anche noi, oggi, possiamo lavorare nel modo corretto “alla luce del sole”. (fonte Inail)

di d.marsicano

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