Come mai la cattedrale di Notre Dame è stata devastata dalle fiamme?

17 Aprile 2019

Uno fra i titoli più a effetto è stato quello del quotidiano francese Liberation: Notre drame, il nostro dramma, un gioco di parole fra il nome della cattedrale divorata dalle fiamme e l’impatto emotivo su Parigi e il resto del mondo. Fra i non addetti ai lavori, però, c’è una domanda che ricorre. Come è stato possibile? Come ha fatto un incendio simile a divampare in un un monumento globale senza essere prevenuto o, almeno, contenuto in origine? Roberto Felicetti, professore al Politecnico di Milano in tecnica delle costruzioni, spiega che esistono alcune soluzioni tecnologiche per ridurre i rischi. A patto che si consideri una premessa: la strategia più adatta dovrebbe essere sempre la prevenzione, intesa come la riduzione al minimo dei rischi. Anche se il pericolo,per sua natura, non può essere soppresso del tutto.

GUARDA IL VIDEO. Il grande incendio di Notre-Dame

Perché i pericoli aumentano in fase di lavori
«Per causare un incendio serve un innesco, quindi se c’è un qualsiasi impianto deve essere dotato di sistema di sicurezza – spiega – Questo per evitare che una utenza difettosa inneschi la prima scintilla». Non a caso, i rischi tendono a moltiplicarsi in contesti come quello di un restauro, per via dell’improvviso aumento di strumenti di lavoro e della minore attenzione riservata ad alcune prassi di sicurezza. Le insidie sono ovunque: fiamme libere sprigionate da lavori di saldature, scintille che “sfuggono” a un cavo elettrico, innalzamento eccessivo della temperatura. Ad esempio, prosegue Felicetti, «potrebbe essere rimasto acceso uno strumento più a lungo del dovuto, anche solo una utenza elettrica». Quanto agli allarmi, è evidente che un sistema di rilevazione efficace permette di intervenire più in fretta. In questo caso, però, ha giocato a sfavore la struttura: «La cattedrale ha un tetto in legno, materiale altamente infiammabile, e per giunta spiovente – dice – È inevitabile che le fiamme si propaghino più in fretta».

Le tecnologie per sedare le fiamme(e i loro limiti)
Poi ci sono le soluzioni tecniche a tutti gli effetti, sia in forma passiva che attiva. Nella prima categoria rientrano, ad esempio, lastre protettive o vernici da applicare ai materiali. «Entrambe, però, creano degli ovvi problemi dal punto di vista estetico perché “rovinano” il monumento – spiega Felicetti -Alcune vernici, meno impattanti per l’estetica del legno, tendono a garantire solo qualche minuto di vantaggio rispetto alla propagazione delle fiamme.». Un altro sistema è quello di installare delle bombole cariche di azoto o altri gas, come l’argon, che «inertizzino» l’incendio sul nascere:  il gas viene rilasciato, togliendo l’ossigeno e soffocando così la combustione, per sua natura vincolata alla presenza di aria. «Questo sistema è però ragionevole solo per ambienti di dimensioni limitate e contenenti opere insostituibili, quali archivi, pinacoteche, e via dicendo – sottolinea Felicetti – Per un ambiente come il sottotetto della cattedrale di Notre Dame sarebbe servito un numero impressionante di bombole, rendendo la soluzione impraticabile».

Esistono poi strumenti più familiari, come i classici estintori, o le varie tecnologie anti-incendio basate sull’utilizzo dell’acqua.I primi possono soffocare il fuoco, con un getto di anidride carbonica o ricoprendo l’oggetto incendiato con una coltre di polvere. Il loro limite è che possono coprire solo una superfice ridotta e facilmente accessibile: «Intervenire su una superficie complessa come quella delle strutture lignee della cattedrale di Notre-Dame – spiega Felicetti – Sarebbe stato troppo complesso, soprattutto con un sistema automatico. Inoltre, nel caso dell’incendio di elementi in legno è importante anche raffreddare il materiale incendiato, in modo da arrestare la decomposizione del legno (pirolisi) che è alla base della combustione. Questo principio è alla base dei sistemi di estinzione basati sull’acqua». Si va dai cosiddetti sprinkler (sistemi di estinzione a pioggia) a sistemi più sofisticati, come il Water mist: impianti che erogano acqua finemente nebulizzata, cioè ridotta in tante microgocce che accelerano il processo di raffreddamento delle elementi incendiati e soffocano le fiamme con una nuvola di acqua e vapore. «Solo che, anche qui, diventerebbe complicato inserire un tubo con i nebulizzatori per ogni capriata (un elemento architettonico, ndr) – dice – Semmai, si potrebbe ragionare nell’ottica di creare delle barriere che permettano di frenare l’avanzata di un eventuale incendio, circoscrivendone il perimetro. Quello che colpisce di quanto accaduto nella cattedrale di Notre Dame è che un incendio inizialmente localizzato, data la difficoltà di accesso per i Vigili del Fuoco, abbia in poco tempo divorato l’intera copertura dell’edificio».

da il Sole 24 ore

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